Spesso chi si avventura nella spiritualità lo fa senza una visione retrostante ampia, senza conoscere i vari sentieri, cause e conseguenze, e quindi procedendo un po’ a caso, a naso.
Normale, verrebbe da dire: la persona si sta avventurando ora, e nessuno nasce già “imparato”.
Sovente si inizia una disciplina, che magari porta notevoli risultati a livello di salute fisica, di energia corporea e anche di energia interiore (ciò che solitamente viene chiamato, per l’appunto, “carattere”), senza però portare avanti un corrispettivo lavoro interiore.
È un errore piuttosto grave, e vediamo perché.
Intanto diciamo che l’essere umano produce già da sé tutta l’energia che gli serve, senza che noi dobbiamo metterci in proprio per produrne a nostra volta. Il punto è che l’essere umano medio la disperde in centinaia di modi: a livello fisico, a livello emotivo e a livello mentale.
Ci basterebbe un maggior controllo su tali piani per avere notevole un surplus di energia.
Parimenti, l’energia, fisica e interiore, aumenta con certe pratiche bioenergetiche: lo yoga, il tai chi, la meditazione, e tante altre, pur ciascuna con le sue specificità.
Dopo di ciò, che si sia attuato un risparmio o che si sia aumentato il flusso, ecco la domanda: che ci faccio con questa energia in più?
In molti casi quell’energia veniva dilapidata per un buon motivo, proprio perché la persona, non ancora giunta a un sufficiente livello evolutivo, non avrebbe saputo che farsene, e dunque la dispersione è una soluzione migliore dell’uso improprio.
Si dica, semplicemente, che l’aumento di energia eleva a potenza i processi già in corso nella persona: se in essa, per via di un lavoro interiore, si sono già portate in alto certe emozioni, saranno esse ad essere nutrite… ma se la persona è ancora preda di rabbia, paura, gelosia, invidia, senso di inadeguatezza, saranno queste ad essere fortificate, perché l’energia fluirà nei canali già pronti e più utilizzati, come fa sempre la natura (pensate a come si muove l’acqua, ad esempio, seguendo sempre la strada con minor resistenza di flusso).
Nella cultura indù si dice che non è bene risvegliare artificialmente l’energia kundalini che dorme alla base dell’osso sacro, perché se dorme ancora c’è un buon motivo: essa è in attesa del momento propizio per risvegliarsi e risalire, e il momento propizio giunge solo dopo un cospicuo lavoro interiore, e quando i canali energetici sono già sufficientemente puliti e puri, tali da poter ospitare e far passare l’energie in questione, che sale verso l’alto.
Se il canale è però è ancora ostruito, quell’energia, che è molto forte, rimarrà bloccata in basso, e “in basso” vuol dire chakra bassi ed energie dense: paura, desiderio terreno e carnale, manipolazione, senso di inadeguatezza, giochi di potere, etc (un “carattere” abbastanza tradizionale, quindi).
Non è raro, per esempio, trovare “maestri” di yoga o di meditazione pieni del loro ego e delle sue energie basse: son forse bravissimi nella tecnica, ed hanno effettivamente aumentato di molto la loro energia fisica, ma non hanno proceduto parallelamente alla cosiddetta costruzione del carattere… che poi è il lavoro sulle proprie energie basse, sui propri demoni interiori.
Il concetto è questo.
Ogni cosa ha il suo tempo giusto, e forzare la natura raramente è un’idea intelligente.
Una buona idea per i praticanti spirituali è dunque quella di praticare senz’altro qualche disciplina bioenergetica, fatto invero caldeggiato, ma non limitarsi all’andare a fare yoga o meditazione due volte a settimana, lavorando invece in parallelo dentro di sé… tutti i giorni e 24 ore al giorno.
Ricordatevi che nei tempi antichi i maestri, i veri maestri, spesso non insegnavano ai loro discepoli alcuna tecnica per svariati anni fino a che non vedevano che il loro carattere, ossia le loro energie interiori, era pronto… a livello di disciplina, a livello di umiltà, a livello di semplicità, a livello di fiducia, etc.
Fosco Del Nero
Agisco nell’ombra per servire la luce
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