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La trappola della spiritualità… e della lamentela

15 Mar 2014 | Crescita personale, Lamentela, Principio speculare, Unità

La trappola della spiritualità… e della lamentelaCon l’attività che faccio, e mi riferisco soprattutto alla pagina facebook e ai numerosi commenti che le citazioni di crescita personale che vi pubblico generano, mi capita di sentire davvero di tutto, in positivo e in negativo, e di vedere sia persone già orientate alla bellezza, all’amore e alla gioia (che poi sono le qualità superiori di cui ho fatto titolo questo sito), sia persone ancora invischiate nel giudizio e nella lamentela.

L’articolo di oggi vuole essere un monito contro questi trabocchetti dell’ego, che ovviamente finché ha vita prova a tenerci giù con lui e a farci credere che certe emozioni siano normali e anzi sacrosante.

Il monito vale a maggior ragione per le persone impegnate in un percorso di evoluzione spirituale… o almeno che così amano pensare di se stesse.

1. NELLA VITA CONTANO I FATTI.

Ma, come sempre, nella vita contano i fatti, non le parole, e per vedere cosa una persona ha dentro basta vedere cosa ha intorno e cosa emette fuori da sé, e da questa perfetta equazione non si sfugge… e non perché lo dico io, ma perché lo dice l’esistenza.

Questo è il motivo per cui non si può che provare tenerezza nei confronti di chi sta ancora a lamentarsi della vita, delle tasse, del governo, della gente, del partner o degli amici… e che è ancora convinto che è sacrosanto lamentarsi di certe cose come la disoccupazione o un tradimento… e che non ha ancora realizzato che tutto quanto fa parte della sua vita dipende da lui ed è stato da lui letteralmente chiamato – ovviamente da un punto di vista non conscio ma animico, o energetico se preferite – proprio per risolvere gli squilibri energetici che la persona sta palesando lamentandosi di questo o di quello.

2. LAMENTELA E GIUDIZIO SONO TIPICI DELL’EGO.

Lamentela, giudizio e accusa stanno dal lato opposto di unità, amore e anima, per cui più proviamo i primi, più siamo lontano dai secondi, e viceversa.

Anche perché, alla fine, ciò di cui mi lamento, essendo parte della mia vita ed essendo stato evocato da me, sono io stesso… e lamentandomi-giudicando qualcosa di esteriore sto contemporaneamente lamentandomi e non accettando quella parte di me che ha creato quella cosa fuori.

Quindi, la lamentela è divisione e ci mantiene nell’ego.

3. ACCETTAZIONE E AMORE SONO TIPICI DELL’ANIMA.

L’accettazione (la famosa resa) e l’amore, invece, ci portano dritti dritti nell’anima, cioè nell’unità, che ovviamente è il contrario della separazione.

La tenerezza verso i lamentanti aumenta poi quando li senti dire, come mi capita ogni tanto, che fanno un lavoro su di sé da una vita, che fanno meditazione da 30 anni, che conoscono non so quante tecniche di crescita personale, che loro, sì, sono avanti nel percorso evolutivo… sono gli altri che sono indietro e si comportano in quei modi che è sacrosanto condannare e di cui è normale lamentarsi!

Questa ulteriore esternazione fa capire come finora abbiano mancato il punto essenziale della crescita personale, anzi i due punti di base, che sono:
1. La responsabilità di quanto accade nella nostra vita è totalmente nostra.
2. Gli altri sono nostri specchi, e le emozioni che proviamo sono il modo in cui l’esistenza-anima-Dio ci sta suggerendo una direzione di evoluzione spirituale.

4. BELLEZZA, AMORE, GIOIA: QUESTA È LA DIREZIONE.

Se vogliamo, possiamo aggiungerne un terzo: più si è avanti nel percorso evolutivo più si provano amore, bellezza e gioia, e meno si provano, fino a farli scomparire, condanna, odio, paura, attaccamento o qualsiasi altra emozione bassa.

Altro che lamentarsi degli altri dunque… dovremmo ringraziarli perché ci stanno dando una mano!
O meglio, ce la stiamo dando da soli usando gli altri come catalizzatori… proprio come, guarda un po’, ci hanno detto tanti maestri e tante tradizioni spirituali.

Dunque, meno lamentela e più tenerezza, e con solo questo avremo fatto un bel salto evolutivo in avanti.

Fosco Del Nero
Agisco nell’ombra per servire la luce

 

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